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Cosa sono e come ridurre le prestazioni di rifacimento nello studio dentistico

Nel mondo ideale di ogni dentista, una prestazione dovrebbe durare esattamente il tempo previsto, senza intoppi. 

Ma la realtà, ahimè, è un po’ diversa. Ci sono casi in cui un’otturazione, che dovrebbe resistere per anni, decide di “mollare” dopo pochi mesi, o una corona che, invece di accompagnare il paziente per un decennio, comincia a dare problemi dopo appena un anno.

 Quando parliamo di prestazioni di rifacimento intendiamo quei trattamenti che – per un motivo o per un altro – non rispettano la loro durata tecnica e devono essere rifatti prima del previsto.

Un po’ come comprare un paio di scarpe nuove e ritrovarsi con la suola scollata dopo una settimana: fastidioso per il paziente, disastroso per il dentista!

 Di fatto, i rifacimenti rappresentano un vero punto di debolezza per qualsiasi studio dentistico e un campanello d’allarme che indica che qualcosa, nel processo clinico o gestionale, deve essere migliorato.

La buona notizia? C’è margine di manovra. Più riusciamo a monitorare e analizzare questi casi, più possiamo individuare le cause ed evitare che si ripetano.

Prestazioni di rifacimento: il problema che nessun dentista vuole avere

Vediamo perché le prestazioni di rifacimento possono trasformarsi in un incubo e, soprattutto, come evitarle.

1. L’impatto economico: soldi che escono, tempo che sparisce

Il tempo è denaro e ogni prestazione che devi rifare è tempo perso, soldi e materiali che volano via. E se questi rifacimenti diventano frequenti, alla fine del mese il bilancio dello studio ne risente.

 Morale della favola: meno rifacimenti ci sono, più lo studio è efficiente e redditizio.

2. La percezione del paziente: fiducia che si sgretola (come l’otturazione saltata)

Ora, mettiamoci nei panni del paziente.

Va dal dentista, spende soldi, tempo e un pizzico di coraggio per affrontare la poltrona. Se tutto va bene, esce soddisfatto e felice di aver risolto il problema. 

Ma se, dopo qualche mese, torna perché il lavoro ha ceduto… beh, il suo entusiasmo sarà decisamente ridimensionato.

Il pensiero del paziente sarà più o meno questo:
"Ma è normale che mi sia già saltato tutto con quello che ho pagato? Il dentista ha sbagliato qualcosa? Devo fidarmi ancora di lui o meglio cambiare studio?"

 Ecco, questa è la domanda che non vogliamo far nascere nella mente del paziente. Perché una volta che il dubbio si insinua, è difficile da eliminare. 

E sappiamo tutti che recuperare la fiducia persa è molto più difficile che mantenerla solida fin dall’inizio.

3. La reputazione negativa: il passaparola che non vuoi

Se c’è una cosa che i pazienti amano fare, oltre a lamentarsi dell’ago dell’anestesia, è raccontare le proprie esperienze.

E qui la regola è semplice: un paziente soddisfatto probabilmente parlerà bene dello studio a due o tre persone. Ma un paziente insoddisfatto? Ne parlerà a chiunque gli capiti a tiro.

Le recensioni online, poi, sono una spada di Damocle: bastano due o tre commenti negativi per mettere in dubbio la professionalità di anni di lavoro.

Qual è la percentuale di rifacimenti che possiamo considerare come accettabile?

La risposta istintiva a questa domanda dovrebbe essere: zero.

In un mondo perfetto, ogni trattamento dovrebbe durare esattamente quanto previsto, senza sorprese.

Ma nella realtà, lo 0% di rifacimenti è un obiettivo quasi utopistico, perché ci sono variabili che, purtroppo, non possiamo controllare del tutto.

Pensiamoci un attimo:

Errore umano: anche il miglior odontoiatra del mondo può incappare in un imprevisto. Magari un materiale che non si comporta come dovrebbe, una tecnica che richiede un piccolo aggiustamento, una variabile non considerata… Siamo umani, non robot (e meno male!).

Errore del paziente: e qui si apre un universo parallelo. Perché tu puoi aver realizzato la migliore otturazione della tua carriera, ma se il paziente decide di testarla mordendo un torrone duro come il cemento armato… beh, non c'è molto da fare! C’è chi ignora le raccomandazioni post-trattamento, chi dimentica i controlli, chi sottovaluta l’igiene orale. Insomma, non sempre il problema è dello studio dentistico.

 In generale, non esiste una percentuale standard entro cui stare, ma esiste un obiettivo a cui possiamo tendere come studio dentistico: avere meno inconvenienti possibili.

Allora la vera domanda diventa: rispetto agli anni precedenti, la percentuale di rifacimenti nel tuo studio dentistico sta diminuendo o aumentando?

Se il numero di rifacimenti si riduce, significa che stai migliorando: magari grazie ad una maggiore formazione del team, materiali più performanti, protocolli più precisi, oppure educando meglio il paziente a prendersi cura della propria salute orale.

Analisi delle cause: di chi è la colpa delle prestazioni di rifacimento?

Quando un paziente torna in studio con un problema su una prestazione già eseguita, la domanda sorge spontanea: dove abbiamo sbagliato? La risposta, purtroppo, non è mai semplice, perché le possibilità sono due:

  • la causa è dello studio dentistico;
  • la causa è del paziente.

Quando la causa è dello studio dentistico

Nel primo caso si renderà necessario rivedere i protocolli operativi interni allo studio e la formazione dei vari professionisti coinvolti.

Nessuno è infallibile, nemmeno il dentista con 30 anni di esperienza alle spalle. Può succedere che una tecnica non venga applicata perfettamente o che un materiale non regga come dovrebbe. 

Ma come ridurre il più possibile questi imprevisti?

Standardizzare i protocolli operativi

Ogni prestazione dovrebbe seguire una procedura chiara e condivisa da tutto il team, così da ottenere risultati costanti indipendentemente da chi la esegua. 

Così facendo si garantisce che ogni trattamento venga effettuato nel miglior modo possibile, senza improvvisazioni.

Puntare sulla formazione continua

Dentisti e assistenti dovrebbero sempre aggiornarsi, sia partecipando a corsi e congressi, sia facendo formazione interna. Condividere esperienze ed errori tra colleghi può aiutare a migliorare le tecniche e ad affrontare meglio le criticità.

Quando la causa è il paziente: educazione e prevenzione

A volte il problema non è dello studio, ma del paziente stesso.

Attenzione però: il paziente va educato senza farlo sentire colpevole, ma rendendolo invece più consapevole del ruolo attivo che ha nella cura della sua bocca.

Per esempio, possiamo spiegargli che una corona appena cementata va “utilizzata” con cautela senza addentare cibi duri come il cemento e che l’igiene orale non è un optional. 

Se dopo un'otturazione continua a trascurare la pulizia dei denti, il rischio di carie recidive è altissimo.

Come il software gestionale può aiutare a ridurre i rifacimenti?

Se pensiamo ai rifacimenti come a un fastidioso mal di testa per lo studio dentistico, il software gestionale è l’aspirina che aiuta a tenerlo sotto controllo. 

Possiamo seguire tre strade differenti per sfruttare il gestionale in questi casi.

n1. Monitoraggio e controllo sui rifacimenti

Grazie all’utilizzo di un buon gestionale, come Biosfera Software, è possibile effettuare controlli precisi e prendere decisioni strategiche.

Possiamo monitorare le prestazioni di rifacimento attraverso statistiche suddivise per:

  • operatore, 
  • tipo di prestazione, 
  • paziente.

Ognuna di queste statistiche ci consente poi di fare le opportune considerazioni su:

  • capacità professionali discutibili di uno o più determinati operatori,
  • materiale utilizzato durante le prestazioni che non è adeguato o di buona qualità,
  • paziente problematico da educare con molta più pazienza e costanza.

 Con queste analisi il problema diventa evidente e facilmente risolvibile, anche se alcune volte si tratta di un mix di fattori che contribuiscono ad avere una percentuale elevata di prestazioni di rifacimento.

Ma una cosa è certa: senza monitoraggio, si va alla cieca.

N2. Dai rifacimenti alle opportunità: quando la soluzione è un upselling

 In alcuni casi i rifacimenti sono un segnale che il paziente ha bisogno di un trattamento aggiuntivo per preservare meglio il lavoro eseguito.
Si parla quindi di upselling, ovvero di proporre al paziente un trattamento complementare che può evitargli problemi futuri.

Ad esempio, nel caso di un paziente bruxista che si presenta nuovamente in studio a causa del danneggiamento della corona, è fondamentale intervenire con una soluzione preventiva

In questi casi, la prescrizione di un bite notturno (operazione di up-selling) rappresenta un'opzione efficace per ridurre l’eccessivo digrignamento durante il sonno, proteggendo così la corona e preservando l’integrità della riabilitazione protesica nel tempo.

N.3 Richiami periodici per il paziente

Un buon gestionale (tipo Biosfera Software) può segnalare con pochi click quali pazienti non hanno appuntamenti programmati in agenda. 

La mancanza di un adeguato controllo e di una strategia di prevenzione può portare, nel tempo, alla necessità di rifacimenti, con un impatto sia clinico che economico. 

Per questo è fondamentale sfruttare al massimo le potenzialità del gestionale, ottimizzando la comunicazione con il paziente in modo mirato ed efficace. L’integrazione di un CRM consente, ad esempio, l’invio di comunicazioni automatiche e personalizzate, favorendo una maggiore fidelizzazione e migliorando l’aderenza del paziente ai piani di cura.

➡️ Di questo ne ha parlato Arcangelo Zullo in un webinar dal titolo “Monitoraggio, prevenzione e gestione dei rifacimenti: il software come alleato”. 

Guarda il video qui:

Arcangelo Zullo
Arcangelo ZulloConsulente - Formatore
0541 393561